L’ARTE IN MOVIMENTO DI OSVALDO MOI

Se si guarda l’opera di Osvaldo Moi, nato nel 1961 a Silius, in provincia di Cagliari, ma che da anni ha scelto la provincia di Torino quale luogo ideale per sè e la sua famiglia, si resta certamente sconcertati dalla sensazione di movimento, di vita, che trasmettono alcune sue sculture da una parte, e dall’attenzione per il dettaglio dall’altra. Ma facciamo un passo indietro, perché c’è una risposta ad entrambe le domande. Osvaldo Moi non assomiglia all’artista misterioso chiuso nel suo atelier, ma è, anzi, vitale, con molti progetti e desideroso di raccontarli. A Torino è possibile apprezzare, nei pressi di piazza d’Armi, la scultura dedicata ai 19 caduti di Nassiriya, così come a Novara. Per iniziare a comprendere davvero il lavoro di questo straordinario artista, che scolpisce di getto, non prepara bozzetti, al limite disegna schizzi sul pezzo che sta lavorando, ma “di solito il progetto ce l’ho in testa, vado solo a togliere” bisogna andare in una delle gallerie dove espone i suoi lavori, la Non Permant Gallery di Torino, in via Montemagno 37, per cominciare. Sarà l’occasione per scoprire come i materiali preferiti dell’artista siano legno e bronzo, ma che il desiderio di mettersi sempre in gioco, il fatto che la creatività sia soprattutto una sfida interiore con sè stesso, allora troveremo che lavora anche con materiali diversi, nella sua ricerca del pezzo perfetto, della scultura che parla. Girando nella galleria si incontra Il ciclista, dove l’idea di movimento e sinuosità si sposano con una cura del minimo, del quasi invisibile. I piedi del ciclista che pedala diventano ruota, in un ciclo infinito. Forse è proprio la turbolenta vita dell’artista a rendere la sua opera così vitale, risulta infatti che abbia fatto almeno trentotto lavori diversi, cuoco e cameriere, imbianchino e fotografo, ascensorista e geometra. Una persona che non è capace di stare con le mani in mano, anche perché, da quando era bambino, se ha una matita, preferisce smontare un temperino con una moneta e usare la lama per scolpirla, la matita. Già alle elementari scolpiva, quindi, il legno. Non è difficile restare affascinati dalle opere di questo scultore, che come hobby disegna a matita, e sono molte le gallerie francesi, assai sensibili all’arte contemporanea, che hanno scommesso sulla sua arte, anche a Parigi. Se l’artista immagina un centro espositivo d’arte per Torino in prossimità della passerella del Lingotto, in quella zona abbandonata e decadente di via Giordano Bruno, e intanto prepara un opera da donare al Papa in previsione del suo passaggio a Torino, durante l’ostensione della Sindone, rimango personalmente colpita dall’incontro con questo artista, dalla ricchezza espressiva ed artistica delle opere che ha realizzato e dal suo impegno umano.

Silvia Dallo
Giornalista
febbraio 2010

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