Osvaldo Moi, sottoufficiale e pilota di elicotteri dell’esercito italiano dagli anni Ottanta, originario della provincia di Cagliari, classe 1961, lega il suo nome al monumento dei Caduti di Nassiriya, visibile in corso IV Novembre, lato di piazza d’Armi, a Torino. E’ stato inaugurato alla presenza del sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, il 6 gennaio del 2006. Non si tratta dell’unico monumento ai caduti di Nassiriya realizzato da questo scultore. Il primo, in bronzo, è stato infatti, inaugurato a Novara, in viale IV Novembre, sull’Allea, il 27 novembre 2004, alla presenza del senatore Vega e del sindaco della città, Massimo Giordano.
Il tragico attentato di Nassiriya, in Iraq, al contingente italiano, che è costato la vita a ben diciannove soldati, è stato interpretato artisticamente da Moi con una scultura realizzata a Sarajevo, utilizzando legno di Rovere dei Balcani. Ne sono poi nate le copie bronzee. L’opera che ne è nata è il risultato di una personale elaborazione delle figure, oltre che della volontà di trasmettere allo spettatore la profonda sofferenza patita alla notizia. Ne emergono immagini di uomini, stretti gli uni agli altri, capaci di costituire una rappresentazione corale e poetica. Nei giorni immediatamente successivi all’attentato a Nassirya, in collaborazione con l’onorevole Giuseppe Gallo, Moi avrebbe scritto alla Consulta Filatelica per poter ottenere un francobollo commemorativo raffigurante la statua di Rovere dei Balcani e i monumenti in bronzo raffiguranti i caduti di Nassiriya
Moi ha, da sempre, dimostrato una vena artistica, che lo ha portato a cimentarsi nel campo, in particolare della scultura, dove ha ottenuto risultati di rilievo. La sua propensione per la scultura nasce negli anni dell’infanzia, quando, con un semplice coltellino e, poi, con l’innovativo temperalapis, ha dato vita alle matite dalle forme più stravaganti. Il suo stile si è subito distinto come sobrio e originale al tempo stesso, capace di privilegiare le curve essenziali, unendole all’amore per il dettaglio. Dapprima non incline a far conoscere le sue opere, Moi si è deciso, in seguito, a partecipare al Simposio di scultura su legno della “Sgorbia”, a partire dal Duemila, proseguendo poi la partecipazione fino al 2004. Qui ha creato in diretta dei soggetti su temi assegnati, riuscendo a classificarsi nono su una settantina di concorrenti nella prima edizione, e poi qualificandosi nella stessa posizione anche nella seconda edizione. Di qui la volontà di condividere le creazioni artistiche con il pubblico, decidendo di partecipare, nel 2005, alla mostra collettiva di pittura e scultura dell’Associazione Umanitaria Tuttiartisti a Tione, presso Trento, quindi ad organizzare una personale, nell’ottobre 2006, alla galleria parigina “Art Present” e, infine, ad allestire una mostra permanente nella galleria Nichido, in Rue Faubourg Saint Honoré, a Parigi. Una seconda mostra permanente dell’artista è dal 2008 allestita nella galleria Jung Bui, in place de l’Eglise, a Saint Paul de Vence, deliziosa località della Cote d’Azur.
Le linee delle opere di Osvaldo Moi sono sinuose e, al tempo stesso ambigue. Celebri i suoi nasi, ovvero i “Nasini” in bronzo, che ricordano piccoli fenicotteri, e sono le prime sue creazioni, risalenti al 1988; quindi le gambe femminili che si muovono ballando sul palcoscenico ideali fatto d’aria. Il risultato della fusione di acqua ed aria è il noto
“Pinguino”, opera del ’95, composto di piccoli petali di bronzo e alluminio, che svanisce. Verso il 2005 l’artista crea l’”Olimpico”, scultura alta sessanta centimetri, uomo grande e imponente, che mostra tutta la sua forza e agilità. Una componente molto viva nell’opera di Moi è l’ironia, o meglio l’autoironia, che lo ha portato a raffigurare il suo cognome con all’interno una lumachina, la celebre “Escargot”, creazione diventata celebre già nel 2007. Una delle sue ultime opere, a parte la scultura “Sindone”, donata al Pontefice in occasione della visita torinese dello scorso maggio, è quella intitolata “Genesi”, scultura in legno di cirmolo, con basamento in granito nero. Come molte altre sculture di Moi, è stata realizzata a scopi umanitari, per sostenere il progetto “Art for joy”, a favore della ricerca sui tumori infantili del Regina Margherita di Torino e del Necher Hospital di Parigi.
Mara Martellotta
Giornalista