Ho avuto modo di conoscere la passione di Osvaldo Moi quando sono stato da lui contattato per partecipare ad una delle molte iniziative umanitarie che, facendo leva sul suo eclettismo culturale, egli mi ha proposto e alla quale ho volentieri aderito. Oggi vengo a conoscere, piacevolmente, un altro aspetto di questo suo eclettismo, questa sua voglia di plasmare la materia che, come egli stesso confessa, gli deriva probabilmente da qualcosa di profondo, di ancestrale e infantile. Come non vedere, infatti, nelle forme che egli presenta nella sua mostra parigina, le tracce di questa “fanciullesca” passione, di un’indubbia sensibilità con la quale egli interpreta in maniera dinamica la materialità della scultura. Un movimento di linee tondeggianti, di richiami anatomici e geometrici, di un gioioso creare al quale, a mio avviso, proprio come nei giochi infantili non è estranea la voce di una certa allegria. Godibili e vitali, dunque, come l’entusiasmo che il suo autore sa esprimere nell’attenzione etica di molto suo operare in campo umanitario, sono certo che queste sculture sapranno manifestare queste qualità ai visitatori dell’esposizione parigina, per la quale auguro a Osvaldo Moi, il miglior successo.
Walter Veltroni
Politico, scrittore