L’OLTRE. II “DINAMISMO ESISTENZIALE” NELLE OPERE DI OSVALDO MOI

È l’oltre l’elemento principale che caratterizza l’operato artistico di Osvaldo Moi. Quell’oltre da intendersi non soltanto come superamento, ma nell’accezione nietzschiana di “Übermensch”, quale ulteriore stadio della condizione dell’individuo, così come la parola è stata interpretata filosoficamente in tempi recenti. Del resto l’esistenza di quest’artista è caratterizzata da uno slancio continuo, evidente non soltanto nella sua vita “tra i cieli” trascorsa come pilota di elicotteri nell’esercito, dove ricopre incarichi professionali di elevata responsabilità, ma anche nella sua dinamica creativa.
Scultore autodidatta che genera una sua personale poetica caratterizzabile come
“dinamismo esistenziale” evidente nell’opera “l’uomo che attraversa la bolla”, in cui l’essere umano risulta avvolto, ma non imprigionato, da una materia elastica. Si tratta di una metafora di un’immaginaria, o reale, condizione che tuttavia può essere “oltre-passata”. Si percepisce tale metamorfosi nella visione degli arti del corpo che emergono dalla “chiusura” sferica. Del resto è presente nelle corde più intime dell’uomo la possibilità di elevarsi, di riscattarsi, di mutare.
Riconducibile alla medesima tematica è l’elaborato pittorico in cui è ritratto un bambino che nuota sott’acqua rinchiuso in una boccia di vetro, come quelle in cui solitamente si espongono i pesci di acqua dolce. Interessante l’incursione della tempera e della grafite che compenetrandosi in una peculiare tecnica, dona alle trasparenze la tattilità del reale. Siamo nuovamente di fronte ad un soggetto umano che tende a dischiudersi ed anela ad emergere. Sembra quasi che in queste ideazioni vi sia la volontà di sopprimere quella parte di soggetto che è in qualche modo gravato, invischiato, da una sorta di schiavitù esistenziale.
Nella materia plasmata da Osvaldo Moi le forme si caricano di una tensione sensibile ed armonica al tempo stesso, in grado di rimanere puro principio attivo, energia immortale. Eterea e sublime è la donna che varca lo spazio, anch’essa fulgido emblema di questo sentire.
Vi sono poi le innumerevoli sculture che rappresentano delle chiocciole, il cui significato ancestrale rimanda alle spirali, raffigurate sin dai tempi più antichi sulle pareti delle rocce. In questo caso la lumaca però subisce una “mutazione”; il corpo si trasforma nella mano che assume l’evidente postura di un gesto ironico, mentre il guscio si connota d’innovative forme che variano a seconda della peculiare connotazione: dalle sfaccettature del diamante, chiare o rese più austere dall’utilizzo del cromatismo scuro, a quelle concettualmente rievocative delle texture più povere. Qui la differente consistenza del bronzo si stratifica in un guscio che rievoca visivamente e tattilmente la consistenza della juta, oppure nella corposità di una cinta, avvolta anch’essa a spirale, che termina nella chiusura di una fibbia. L’escargot lampo trasporta sul dorso un singolare elemento che rievoca il tessuto accartocciato, dominato nella parte sottostante dalla presenza di una cerniera. Nonostante le molteplici interpretazioni che assume questa figura antropomorfa, anch’essa è riconducibile ad una più intima riflessione esistenziale, in cui è possibile leggere la condizione dell’uomo alle prese con il fardello della vita, bagaglio esperienziale e caratterizzante della propria individualità.
Fra le altre opere scultoree risultano significative le molteplici raffigurazioni dedicate alle discipline sportive, in cui l’artista riesce a far emergere un intenso dinamismo, oltre che una profonda riflessione sociale, evidente anche in “Dalla ruota alla Luna”. Da sottolineare inoltre che lo sport è un altro elemento biografico sussistente nell’operato artistico di Moi, che incarna quell’élan vital, slancio, impeto, tipico dell’andare oltre, insito nell’animo di questo talentuoso indagatore.
L’incursione e la trasformazione degli elementi corporei si fa audace in riflessioni come
“Alzati e Cammina” in cui l’esplicito riferimento biblico si concretizza in forma scultorea. Naso, piede e pugno diventano un tutt’uno e sottendono ad un risvegliamento dei sensi. Alcuni lavori sono veri e propri oggetti di design, come “La Carla”, sedia in legno dalle fattezze umane che assume una surrealistica deformazione.
Le ideazioni in vetroresina plasmate come un dado, suggellano un connubio tra fortuna, fato, gioco, scaramanzia, ma vi è sempre presente l’elemento dell’uomo, celato sotto sembianze antropomorfe.
Di alta valenza sociale è la statua dedicata ai caduti di Nassiriya il cui studio è stato eseguito a Sarajevo, utilizzando legno di rovere dei Balcani, pregiata materia considerata sacra dagli antichi romani, celti e greci. Un’opera, che riveste un inestimabile valore morale e simbolico, da cui sono state successivamente tratte tre monumentali ideazioni in bronzo collocate nelle prestigiose città di Torino e Novara nonché nel Comune di Pianezza.
Scriveva Friedrich Nietzsche «L’uomo è una fune tesa tra il bruto e l’oltreuomo; una fune sopra l’abisso. Un pericoloso andare di là, un pericoloso essere in cammino, un pericoloso guardare indietro, un pericoloso rabbrividire e arrestarsi. Ciò che è grande nell’uomo è d’essere un ponte e non uno scopo: ciò che si può amare nell’uomo è il suo essere un passaggio e un tramonto». Così Parlò Zarathustra.

A cura di Paola Simona Tesio

Torna in alto