La nostra cultura cristiana vive di simboli, il più diffuso è certamente il crocefisso. Per tutti la chiave di lettura della Bibbia, rappresentazione devozionale di arredo sacro, massima espressione del significato che esso raffigura. Il Cristo in croce per salvare l’umanità dai suoi peccato, gesto d’amore del Padre verso i suoi Figli. La croce:dolore,sopportazione e speranza nella redenzione della salvezza per l’eternità. È nell’opera Gesù Piccolo il castigatore di Osavaldo Moi che riscopriamo il valore personale attribuito al crocifisso. Un Cristo bendato che sostituisce la dictura inri con Moi: è ciò che immediatamente colpisce.
100 crocifissi “chiusi” in una scatola di plexiglass sono il racconto visivo di un opera che parla attraverso un simbolismo dal forte impatto. Dietro questa concettualizzazione emerge il racconto dell’artista: “avevo 4 anni, mio padre parlava di me a degli amici e gli dicevo che 1000 cose pensavo e 100 ne facevo. Mia madre, adottava un metodo di educazione per il quale ci diceva che Gesù piccolo e quello grande mi vedevano e mi avrebbe punito se avessi fatto qualcosa di cattivo. Allora io nascondevo ogni oggetto che mia madre potesse usare contro di me per punirmi: battipanni, ciabatta e….. anche i crocifissi che mi stavano a guardare. Così mi arrampicavo, gli staccavo dal muro e solo dopo averli ben nascosti mi dedicavo alle mie geniali monellate. Ho realizzato una scatola con le dimensioni dell’età del Cristo quando è morto, con dentro 100 crocifissi bendati (quelli che non hanno visto le mie monellate). Le mie 100 marachelle lontane dallo sguardo vigile del Gesù nascosto e bendato. Oggi, quella stessa benda, serve anche a non farli vedere tutte le atrocità che l’uomo sta perpetrando al prossimo, all’ambiente e al mondo”.
Un racconto d’infanzia, che ripercorrere momenti ancora ben chiari nella mente dell’artista. Le sgridate di sua madre che rimanevano vane dinanzi all’irruenza di un ragazzino troppo vivace e la speranza di questa donna di incutere paura nel bimbo attraverso l’immagine del crocefisso. La furbizia di un bambino davvero intelligente che sa, che togliendo quel crocifisso neanche il Cristo avrebbe visto cosa stava per fare e ……nessuno l’avrebbe punito. Ecco dietro quest’immagine, nella tradizione cristiana si tramanda anche il giudizio supremo che punisce per i peccati commessi.
Esaminiamo come peccato, punizione, redenzione ritrovino in quella croce attribuzioni diverse. In un processo evolutivo delle interpretazioni del simbolismo legato alla cultura cristiana oggi affrontiamo la tematica sotto una prospettiva diversa. Quel rigore di educazione legata alla religione, in ambito familiare, viene meno anche in analisi di una cultura multietnica. Evoluzioni, cambiamenti sociali che determinano nuovi scenari verso l’apertura di una condivisione di principi e valori.
Quegli occhi bendati sono ciò che più parla all’animo di chi li osserva: un simbolo scelto per tutelare il cristo dagli orrori del nostro tempo. Orrori che si riversano su quel mondo che, secondo i dogmi della religione cristiana, creato con tanta attenzione e bellezza per offrire all’uomo uno spazio prezioso dove dimorare. Un opera che è uno spazio di riflessione personale, per volgere lo sguardo verso se stessi e interrogarsi. Il mondo ci è stato offerto e avremmo dovuto tutti capire il valore di preservarlo perchè non ci appartiene. Mentre quei crocifissi continuano a brillare anche di notte, chiusi nel loro spazio circoscritto, l’uomo annienta ogni valore. E forse quella benda sugli occhi è il gesto estremo d’amore dell’artista per salvare il Cristo in croce dalla visione oscena di ciò che l’umanità sta commettendo.