Claudia Segre incontra il ruolo sociale dell’arte di Osvaldo Moi

Il valore sociale dell’inclusione della donna emerge in modo determinante attraverso alcune opere di Osvaldo Moi. Claudia Segre ci racconta come è avvenuto l’incontro con l’artista e cosa l’ha spinta a renderlo partecipe di questo suo progetto

 

Claudia Segre è un nome certamente noto anche per essere la fondatrice di Global Thinking Foundation: una fondazione nata nel 2016 per sostenere, patrocinare e organizzare progetti volti all’alfabetizzazione finanziaria rivolta alle fasce deboli e indigenti e per prevenire la violenza economica. La sua mission è supportare l’istruzione di qualità attraverso borse di studio e premi agli studenti meno abbienti ma meritevoli. Dedicando particolare attenzione all’inclusione economico-finanziaria di tutti i cittadini con un’attenzione particolare alle donne, affinché possano avere un lavoro dignitoso. Claudia Segre si racconta attraverso un’intervista che diventa l’esposizione del suo lavoro e del suo impegno nel settore del non profit dopo una lunga e brillante carriera in finanza. “L’esperienza maturata in questo settore mi ha permesso di mettere a frutto tutto ciò che ho vissuto in un progetto internazionale. Ciò che ha sempre contraddistinto il mio percorso è stata l’osservazione multiculturale. Entrare in contatto con persone di diversi paesi, culture ed esperienze, passando anche attraverso alcune delle mie passioni….. l’arte è una di queste. Un settore nel quale mi sono ritrovata sin da piccola provenendo da una famiglia tradizionale piemontese dove l’aspetto artistico connotato attraverso i quadri, l’oggettistica ha riflesso la mia crescita grazie ai miei nonni che erano dei collezionisti d’arte. Per me, sin da piccola, le statue in bronzo hanno sempre rappresentato qualcosa di affascinante e contemporaneamente inquietante: mio nonno infatti aveva acquisito delle copie autenticate delle fonderie Chiurazzi. La bellezza di queste statue mi incantava per la loro perfezione ma anche per la loro incombenza: erano per me fonte di curiosità. Ciò ha fatto sì che io crescessi a stretto contatto con questa realtà e portassi con me da ogni luogo in cui viaggiavo qualcosa di artistico. È proprio così che è nato il mio incontro con Osvaldo Moi. Più di dieci anni fa ero a Parigi ero con mia sorella e in quest’occasione acquistai due sue opere, una escargot e una ballerina su una mezzaluna sempre in bronzo. Per me le sue opere in bronzo, sono le preferite: una materia alla quale son particolarmente legata, non solo per retaggio storico ma anche perché lo ritengo un metallo semi prezioso senza tempo. Presente sin dalla nascita dell’uomo che si proietta verso una dimensione che non conosce tempo e che attraverso questa materia plasma linee interessanti.

Cosa ha suscitato l’interesse verso l’arte di Osvaldo Moi?

“Quando si acquista un’opera ci si interessa prevalentemente alla sua rappresentazione, all’artista e alla sua storia. Quello che mi ha sempre incuriosito del vissuto di Osvaldo Moi è la sua capacità artistica, partendo da un osservatorio speciale come il suo, che è stato quello della vita militare, e oggi del suo impegno nella vita sociale. Per non parlare della sua abilità nell’osservare la realtà ed esserne protagonista, dandogli vita con le sue opere, come ad esempio per i “Caduti di Nassiria” o della “Famiglia” a Pianezza. Una risposta interpretativa fuori dalle regole, in un mondo creativo che senza regole non può essere: un’interpretazione di vita molto educativa ed innovativa, come le materie che lui forgia. Il nostro ultimo incontro è stato l‘inaugurazione di una nuova gallery internazionale all’interno del progetto Libere di… VIVERE, con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, della Commissione Europea e dell’Associazione Italiana per lo Sviluppo Sostenibile. Un progetto culturale di inclusione sociale che si lega alla nostra attività di prevenzione all’abuso economico nei confronti delle donne e delle famiglie più fragili. Tutto ciò attraverso un’opera di divulgazione artistica della cultura disegnata nei confronti dei ragazzi, fino ad arrivare a nuove forme artistiche che vedono protagonisti i nuovi autori e autrici: come la “Galleria delle Libere Guerriere” per le donne sotto i 35 anni, che portano i valori della diversità e dell’inclusione, e la “Galleria delle Eccellenze in Accademia” dell’Accademia delle Belle Arti, che hanno reinterpretato alcune delle nostre novelle grafiche. Con Osvaldo Moi inaugureremo questa gallery internazionale “Libere di… VIVERE On The Road” che apre agli artisti oltre i 35 anni che si occupano di temi sociali e che hanno portato ciò nelle loro opere per la cittadinanza. Abbiamo visto insieme “La Famiglia” per questa particolarità: è centrata sulla donna, soggetto che maggiormente ha subito la pandemia e ha saputo reagire, e che è in prima linea per il riscatto del nostro Paese. Il ruolo della donna in questo contesto sta guidando una ripartenza dove la sua maggiore partecipazione e la sua voce, fa la differenza e la potrà fare ancor di più a livello di sviluppo economico. La sua attenzione a questa sfumatura e al ruolo del femminile che vediamo in diverse sue opere è per noi un aspetto molto importante. La donna da un punto di vista intergenerazionale è colei che trasmette competenze ed esperienze: una vera energia positiva di pace. Moi sa bene come la donna, a partire da WonderWoman, abbia rappresentato un’energia positiva quindi contraria allo stereotipo maschile che va perennemente in guerra. Questa sua sensibilità verso il ruolo della donna è importante perché il nostro affrontare la prevenzione della violenza economica e psicologica parte da un forte senso di autodeterminazione e di stima di sé che deve smontare un costrutto culturale di tipo evidentemente patriarcale che tende ad isolare e relegare la donna in ruoli. Moi ha il pregio di guardare avanti ed essere lungimirante sui significati delle sue opere”.   

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In che modo riesce ad avvicinare i giovani all’arte?

“Questo nostro progetto culturale e artistico, attraverso la presentazione di queste differenti gallerie, ha alimentato un metodo didattico: Libere di… VIVERE si svolge nelle scuole italiane, sia in italiano che in inglese, in Francia in italiano e francese e, dal prossimo novembre, partirà in America in alcune università. Un museo digitale in 3D con possibilità di fruizione per i giovani attraverso tre diverse sezioni: la prima sezione dedicata alle eroine del fumetto. Parla ai giovani dalla seconda guerra mondiale ad oggi attraverso le lotte del femminismo. La seconda sala è quella della rappresentazione secondo diverse tecniche di disegno della violenza economica: qualcosa di così subdolo e nascosto tanto da non esser riconosciuto. Segue nella terza sala la serie di graphic novel dove i ragazzi lavorano sulle parole partendo dall’educazione civica, al diritto della famiglia ai diritti universali fino ad arrivare al codice penale. Un percorso che narra come si sviluppa la violenza domestica. Le altre gallerie appena nate permettono di far arrivare ai ragazzi il significato dell’arte, in una rappresentazione sia digitale sia fisica. Un progetto che vuol far scoprire l’arte su uno sfondo che collega tutte le opere con le tematiche sociali. Ciò amplia la visione e la responsabilità sociale di ciascuno di noi.”         

 

Rosaria Di Prata 

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